Le Tendenze Digitali costituiscono le principali direzioni tecnologiche e di mercato che influenzano il futuro del business. Rappresentano vere e proprie linee guida strategiche per la pianificazione aziendale, elaborate a partire dall’osservazione delle dinamiche attuali.
Per la stagione #TendenzeDigitaliSS25, abbiamo identificato tre tendenze principali, e in questo articolo ci concentriamo sulla terza tendenza.
Relazione diretta
La relazione tra clienti e aziende sta cambiando radicalmente: il cliente oggi non cerca più il contatto umano tradizionale ma desidera interagire direttamente con l’azienda, attraverso strumenti e canali digitali, evitando spesso l’intermediazione delle persone.
Questa spinta non arriva solo dal lato consumer, anche l’azienda sta maturando l’interesse (e il vantaggio) di costruire una relazione diretta e centralizzata con il cliente. Un punto d’incontro nuovo, nato anche da dinamiche come il self-service, la diffusione delle app e la “B2Cizzazione”, che stanno riscrivendo le aspettative relazionali anche nel settore B2B.
Non una moda, una necessità
Attenzione però: questa trasformazione non è una moda passeggera da cavalcare alla cieca. Se l’adozione di questi strumenti avviene senza una reale comprensione del bisogno di fondo, il rischio è quello di generare frustrazione, inefficienza o addirittura rifiuto da parte del cliente.
È importante comprendere il punto di partenza: oggi il cliente parla ancora con le persone dell’azienda. Le relazioni sono umane, dirette, e questo non è necessariamente un problema. Ma è fondamentale capire quando il fattore umano è un valore e quando, invece, diventa un ostacolo.
In molti casi l’interlocutore aziendale non aggiunge reale valore all’interazione, anzi, può introdurre inefficienze, tempi morti o addirittura pregiudizi.
Una spinta reciproca
Sia i clienti sia le aziende stanno spingendo verso la relazione diretta. Da un lato il consumatore pretende risposte immediate, personalizzazione, accesso ai servizi h24. Dall’altro l’azienda riconosce che gli esseri umani non sono adatti a svolgere tutte le attività relazionali, specialmente quelle ripetitive e massive. È qui che entra in gioco l’AI, ma attenzione: l’AI non è il punto di partenza, è l’abilitatore di qualcosa che doveva essere fatto già da tempo. È l’occasione per mettere ordine, centralizzare, semplificare. Se oggi parliamo di “no more human” in certe fasi della relazione, non è per rincorrere una buzzword, ma perché è finalmente arrivato il momento giusto per farlo davvero.
Faintendimenti e opportunità
Certo, può sorgere l’obiezione: stiamo togliendo lavoro agli umani? Ma si tratta davvero di ruoli che gli esseri umani svolgevano bene o con piacere? Oppure stiamo finalmente liberando tempo ed energia per attività più strategiche, più umane nel senso vero del termine?
Non dobbiamo focalizzarci su ciò che togliamo, ma su ciò che possiamo dare. Le persone dell’azienda possono finalmente concentrarsi su attività ad alto valore aggiunto. Anche i clienti, dotati di strumenti self-service ben progettati, possono ottenere di più in meno tempo.
Infine, attenzione a un altro rischio: pensare che solo l’azienda possieda “le macchine”. Anche i clienti, con i loro device, le loro app, le loro capacità digitali, sono parte attiva della relazione. È una connessione bidirezionale, non una trasmissione a senso unico.
Fattori abilitanti e consigli
La tecnologia abilitante per eccellenza è oggi l’intelligenza artificiale, ma più che un vincolo tecnico si tratta di un cambio di mentalità. Il vero punto è che ci sono attività relazionali che le macchine possono gestire meglio, e questa è l’occasione giusta per lasciare che lo facciano.
Da dove iniziare? Prima di tutto, con un’analisi realistica: cosa fanno i competitor? Cosa succede in altri settori? Dove possiamo introdurre automatismi senza danneggiare l’esperienza?
Il secondo passo è cominciare a progettare interfacce, come un portale clienti efficace, che possa offrire accesso diretto e personalizzato ai servizi e alle informazioni.
Un altro aspetto cruciale è semplificare il routing dei problemi: evitare passaggi intermedi e fare in modo che la richiesta arrivi subito a chi è in grado di risolverla, magari grazie a un’organizzazione “agentic”, dove competenze diverse collaborano sullo stesso obiettivo.
Infine, è essenziale dotarsi di una metrica di base. Senza dati, non è possibile capire se il nuovo approccio stia portando miglioramenti o meno. La tradizione aziendale non può essere l’unico metro: sapere cosa “si è sempre fatto” non basta più.